La visitazione de li Priori

CONVENTO DI SOFFIANO E S. LIBERATO
In questo convento e Chiesa venivano i 5 Difensori con la offerta del cero la 3a festa di Pasqua, in che tutto il popolo di Sanginesio saliva a S. Liberato a venerare le sagre reliquie (4).

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(4) Severini Marinangelo pag. – 208 processo 1608 in atti Pancrazio Bernardi credenza XXX  statuto sang. 15S2 pag. 10.

 

Giuseppe Can. Salvi Memorie Storiche di Sanginesio ( Marche ) in relazione con le terre circonvicine – Camerino tipografia Savini – 1889 – pag. 362

Prima che la Sede Apostolica concedesse la messa in onore di s. Liberato da Loro (nel 1868), le autorità municipali di San Ginesio – i 5 defensores – celebravano per disposizione statutaria la festa di S. Liberato nel secondo giorno di Pasqua, ovverosia il lunedì di Pasqua.
Per statuto il comune ginesino offriva sulla tomba del santo un cero dal peso di una libbra ed in questa circostanza il sepolcro del santo emanava la manna dall’ora sesta fino al vespro. I cronisti francescani a dire il vero non menzionano l’offerta del cero, essi piuttosto ricordano che nella medesima circostanza le confraternite di Loro si recavano in pellegrinaggio sulla tomba del santo ed in questa circostanza dalla pietra sepolcrale scaturivano gocce di manna da mezzogiorno al tramonto.
Dai registri delle confraternite loresi risulta che si offrivano beni in natura per i frati e l’olio per la lampada che ardeva sul sepolcro del santo.
La testimonianza più antica dell’offerta del cero è documentata da una disposizione del magistrato ginesino del 9 aprile 1422, in cui vietava (4 giorni dopo) di recarsi sulla tomba del santo in armi, onde evitare scandali e tafferugli con i pellegrini che arrivavano dalla vicina Sarnano.
L’offerta del cero da farsi in forma solenne il lunedì di Pasqua è ufficialmente documentata da una disposizione statutaria che troviamo sia nello statuto ginesino del 1582, sia in quello del 1461 (attualmente non più disponibile), tuttavia, visto che la festa si teneva già da almeno 40 anni dalla redazione del secondo statuto (1458-61), viene da pensare che la medesima disposizione fosse contenuta anche nello statuto trecentesco arrivato a noi mutilo.
Nel 1582 le confraternite di Loro decisero, molto probabilmente per ragioni logistiche, di effettuare il loro pellegrinaggio, non più il lunedì di Pasqua, ma nel secondo giorno di Pentecoste. Questa decisione sicuramente fu presa per evitare che le confraternite di Loro dovessero mettersi in viaggio il giorno di Pasqua, per dover poi pernottare nella foresteria del convento e offrire l’olio il giorno successivo.
I cronisti francescani che scrivono dopo il 1582 documentano un evento eccezionale: il miracolo della manna si era spostato, non si verificava più il lunedì di Pasqua, ma il lunedì di Pentecoste, come se il santo volesse privilegiare i suoi concittadini.
Questo fatto è confermato per la prima volta da un notaio ginesino chiamato a deporre in un processino voluto nel 1618 dal comune di San Ginesio, per spostare il sepolcro del santo sotto l’altare maggiore.
Naturalmente anche a quel tempo c’erano i critici e gli scettici che attribuivano il “presunto” miracolo all’umidità ed alle gocce di condensa che si formavano sulla pietra sepolcrale, in contrasto con il caldo causato dei ceri e dalla calca dei fedeli.
A quel punto i sostenitori del miracolo fecero notare che, se così fosse stato, la pietra avrebbe emanato il suo umore ovunque e non in un punto preciso, come realmente accadeva. Questo punto fu segnato, scolpendo una croce sulla pietra, nel punto esatto da dove sgorgava la manna (nella seconda foto).
Le gocce di manna venivano raccolte con fibre vegetali di bombace e venivano opportunamente diluite in acqua.
Le boccette di acqua e nanna erano a tutti gli effetti reliquie “ex contactu” e pertanto venivano date ai malati. I processi istruiti dall’autorità ecclesiastica negli anni successivi riportano i nomi di diversi pellegrini guariti per intercessione di San Liberato, dopo essersi bagnati con la manna.

Tratto dalla pagina di Arnaldo Sancricca

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